Omaggio a Trilussa, pseudonimo di Carlo Alberto Salustri (Roma 1871-1950), poeta satirico romano: Le stelle de Roma (1889), Acqua e vino (1945).

 

1.   L'uccelletto.
Era d'Agosto e il povero uccelletto
ferito dallo sparo di un moschetto
ando', per riparare l'ala offesa,
a finire all'interno di una chiesa.
                Dalla tendina del confessionale
                il parroco intravide l'animale
                mentre i fedeli stavano a sedere
                recitando sommessi le preghiere.
Una donna che vide l'uccelletto
lo prese e se lo mise dentro il petto.
Ad un tratto si senti' un pigolio:
cio cio, cip cip cio
                Qualcuno rise a 'sto cantar d'uccelli
                e il parroco, seccato, urlo': "Fratelli!
                Chi ha l'uccello mi faccia il favore
                di lasciare la casa del Signore!"
I maschi, un po' sorpresi a tal parole,
lenti e perplessi
alzarono le suole,
ma il parroco lascio' il confessionale
e: "Fermi - disse - mi sono espresso male!
                Tornate indietro e statemi a sentire,
                solo chi ha preso l'uccello deve uscire!"
                A testa bassa e la corona in mano,
                le donne tutte uscirono pian piano.
Ma mentre andavan fuori grido' il prete:
"Ma dove andate, stolte che voi siete!
Restate qui, che ognuno ascolti e sieda,
io mi rivolgo a chi l'ha preso in chiesa!"
                Ubbidienti in quello stesso istante
                le monache si alzaron tutte quante
                e con il volto invaso dal rossore
                lasciarono la casa del Signore.
"Per tutti i Santi - grido' il prete -
sorelle rientrate e state quiete.
Convien finire, fratelli peccatori,
l'equivoco e la serie degli errori:
                esca solo chi e' cosi' villano
                da stare in chiesa con l'uccello in mano!"
                Ben celata in un angolo appartato,
                una ragazza col suo fidanzato,
in una cappelletta laterale,
ci manco' poco si sentisse male,
e con il volto di un pallore smorto
disse: "Che ti dicevo ? Se n'e' accorto!"

2.   Er Cane disse ar Gatto:
- Se famo er patto d'esse solidali
potremo tené testa a li padroni
e a tutte l'antre spece d'animali.
- Dice - Ce stai? -Ce sto.-
Ecco che 'na mattina
er Cane annò in cucina
e ritornò co un piccione in bocca.
- Me devi da' la parte che me tocca:
- je disse er Gatto - armeno la metà:
sennò, compagno, in che consisterebbe
la solidarietà?
- E' giusto! - fece quello.
E je spartì l'uccello.
Ma in quer momento er coco,
che s'incajò der gioco,
acchiappò er Cane e lo coprì de bòtte
finché nu' lo lasciò coll'ossa rotte.
Appena vidde quell'acciaccapisto
er Gatto trovò subbito la porta,
scappò in soffitta e disse: -Pe 'sta vorta
so' solidale, sì, ma nun insisto!

3.   L'umorismo è lo zucchero della vita. Ma quanta saccarina c'è in giro. (Trilussa)

4.   "Conterò poco, è vero", diceva l'Uno ar Zero, "ma tu che vali? Gnente, proprio gnente. Sia ne l'azzione come ner pensiero, rimani un coso voto e inconcrudente. Io, invece, se me metto a capofila de cinque zeri tale e quale a te, lo sai quanto divento? Centomila. È questione de nummeri. A un dipresso è quello che succede ar dittatore che cresce de potenza e de valore più li zeri che je stanno appresso".

5.   Se dice dipromatico via che frega co' 'na certa educazione, cercanno de nasconne l'opinione dietro un giochetto de fisionomia.

6.   L'elezzione der presidente
Un giorno tutti quanti l'animali
sottomessi al lavoro
decisero d'elegge un Presidente
che je guardasse l'interessi loro.
C'era la Società de li Majali,
la Società der Toro,
er Circolo der Basto e de la Soma,
la Lega indipendente
fra li Somari residenti a Roma;
eppoi la Fratellanza
de li Gatti soriani, de li Cani,
de li Cavalli senza vetturini,
la Lega fra le Vacche, Bovi e affini...
Tutti pijorno parte a l'adunanza.
Un Somarello, che pe' l'ambizzione
de fasse elegge s'era messo addosso
la pelle d'un leone,
disse: - Bestie elettore, io so' commosso:
la civirtà, la libbertà, er progresso...
ecco er vero programma che ciò io:
ch'è l'istesso der popolo! Per cui
voterete compatti er nome mio...-
Defatti venne eletto propio lui.
Er Somaro, contento, fece un rajo,
e allora solo er popolo bestione
s'accorse de lo sbajo
d'avé pijato un ciuccio p'un leone!
Miffarolo!...Imbrojone!...Buvattaro!...
Ho pijato possesso: -
disse allora er Somaro - e nu' la pianto
nemmanco se morite d'accidente.
Peggio pe' voi che me ciavete messo!
Silenzio! e rispettate er Presidente!

7.   Er compagno scompagno
   Un Gatto, che faceva er socialista
solo a lo scopo d'arivà in un posto,
se stava lavoranno un pollo arosto
ne la cucina d'un capitalista.
   Quanno da un finestrino su per aria
s'affacciò un antro Gatto: - Amico mio,
pensa - je disse - che ce so' pur'io
ch'appartengo a la classe proletaria!
   Io che conosco bene l'idee tue
so' certo che quer pollo che te magni,
se vengo giù, sarà diviso in due:
mezzo a te, mezzo a me...Semo compagni!
   No, no - rispose er Gatto senza core -
io nun divido gnente co' nessuno:
fo er socialista quanno sto a diggiuno,
ma quanno magno so' conservatore!

8.   L'Omo e la scimmia
   L'Omo disse a la Scimmia:
Sei brutta, dispettosa:
ma come sei ridicola!
ma quanto sei curiosa!
   Quann'io te vedo, rido:
rido nun se sa quanto!...-
La Scimmia disse: - Sfido!
T'arissomijo tanto!...

9.   C'è un'ape che si posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va... Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.

10.                     Sovrano come er popolo sovrano che viceversa nun commanna mai.

11.                     Lo struzzo mangia piu' del necessario perche' si crede un alto funzionario.